Il Pianeta di Spiff

La Terra vista da qui non sembra una palla - Appendice

sabato 22 settembre 2007

anguille, eterni pendolari

di Marco Di Domenico



gni anno vecchi genitori europei vanno a procreare e morire in America centrale, dove sono nati; giovani orfani centroamericani tornano a crescere dove vissero i genitori. Non parliamo di uomini ma di anguille, pesci tanto noti e comuni quanto misteriosi e inafferrabili, non solo per la loro proverbiale viscidità. L'anguilla ( Anguilla anguilla , famiglia Anguillidi) è un grosso pesce dal corpo allungato e serpentiforme, privo di scaglie ma protetto da abbondante muco, parente stretto della murena e del grongo. È difficile stabilire se l'anguilla sia un pesce di acque dolci o salate: al pari di salmoni, storioni e lamprede è una di quelle specie che passa una parte dell'esistenza in mare e una parte nei laghi e nei fiumi. Ma partiamo dall'inizio: Mar dei Sargassi, nell'Atlantico centrale tra le Bermuda e Puerto Rico. Da minuscole uova nascono piccole larve trasparenti, a forma di foglia, dette leptocefali, che si accrescono lentamente nutrendosi di plancton. I leptocefali trascorrono i primi tre anni della loro vita alla deriva nell'oceano, spostandosi lentamente verso nord-est sospinti dalla corrente del Golfo. Arrivati in prossimità delle coste atlantiche dell'Europa o entrati in Mediterraneo attraverso Gibilterra subiscono una metamorfosi e si trasformano in minuscole anguille bianche, che prendono il nome di cieche. In marzo le cieche si ammassano alle foci dei fiumi e iniziano a risalirli, predando piccoli invertebrati e diventando sempre più grandi e più scure. Lentamente arrivano alla fine del loro viaggio, dove trascorreranno gran parte della propria vita: i laghi grandi e piccoli, gli stagni, il corso medio dei fiumi. È qui che assumono finalmente l'aspetto di anguille, come noi le conosciamo. I maschi possono raggiungere 50 cm di lunghezza, le femmine 150 cm e 6 kg di peso (sono le anguille che chiamiamo capitoni). La maturità sessuale arriva nei maschi dopo 9-12 anni di permanenza nelle acque dolci, nelle femmine dopo 12-20 anni. A questo punto avviene una terza metamorfosi: gli occhi si ingrossano, il colore diventa scuro nei maschi, argentato nelle femmine (sono le cosiddette argentine). Le anguille smettono di mangiare e il loro intestino si atrofizza finché, in una notte d'estate, abbandonano le acque dove sono vissute e iniziano a scendere verso il mare. E inizia una nuova epopea: superano sbarramenti e dighe, se necessario escono dall'acqua per attraversare prati e boschi respirando aria atmosferica attraverso la pelle, strisciando come serpenti; trovano infine una via che le conduce al mare, attraversano di nuovo l'Atlantico, stavolta verso sud-ovest, fino a quel mar dei Sargassi dove sono nate e dove si accoppiano, depongono le uova (fino a sei milioni ogni femmina) e muoiono. Un anno e mezzo dopo essere partite, 13-24 anni da quando sono nate, in quello stesso luogo. Nessun altro pesce ha un ciclo vitale così complesso e incredibile, probabilmente nessun altro essere vivente. Un'esistenza complicata anche dal punto di vista fisiologico: un pesce di mare deve continuamente assumere l'acqua che l'ambiente salino in cui vive gli sottrae; un pesce d'acqua dolce ha invece bisogno di eliminarne l'eccesso, perché è più salato dell'acqua. Due strategie opposte che nell'anguilla si alternano: 3 anni in mare, fino a 20 anni in un lago o in un fiume, poi ancora lunghi mesi in mare, prima filtrando plancton, poi predando invertebrati e pesci, infine digiunando per diciotto mesi. È una storia rimasta sconosciuta fino a non molto tempo fa. Una storia che evoca gli esodi di massa, le grandi tragedie, le invasioni, le marce che hanno sempre accompagnato la storia umana; solo che nelle anguille tutto questo non è un evento eccezionale e non ha nulla di drammatico: è semplicemente l'essenza della loro vita, il ciclo che si ripete da milioni di anni, probabilmente da quando Europa e America settentrionale erano ancora unite e l'Atlantico era un piccolo mare interno.

Tratto da Liberazione settimanale del 17/12/2006

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